Questo il testo del messaggio inviato da SM il re Mohammed VI, e letto dal Ministro del Culto e degli Affari islamici Ahmed Toufik durante la cerimonia di apertura del Congresso sui “Diritti delle minoranze religiose nei paesi islamici: il quadro giuridico e la chiamata alle azioni”, tenutosi a Marrakesh dal 25 al 29 gennaio 2015.
«Sia lode a Dio, che le Preghiera e la Pace di Dio siano su tutti i Profeti e i Messaggeri.
Signore e Signori, è per me un grande piacere indirizzare questo messaggio di benvenuto al vostro congresso e a voi tutti, augurandovi un piacevole soggiorno a Marrakech, città di incontri e di dialogo tra le civiltà. Possa Dio coronare con successo gli sforzi che verranno dispiegati nel corso di questa riunione per la manifestazione della verità e la rettifica delle concezioni erronee. La tematica che discuterete, cioè quella dei «diritti delle minoranze religiose nei Paesi islamici» non avrebbe a priori ragion d’essere, essendo ben noti gli insegnamenti e le prescrizioni dell’Islam e della sua civiltà a riguardo. Ciononostante, i fatti che hanno condotto a sollevare la questione e la congiuntura attuale impongono ai musulmani il dovere di precisare che questi fatti non si fondano su alcuna autentica e riconosciuta fonte islamica. Essi devono infatti dimostrare, all’occorrenza, che alcuni di questi avvenimenti travestiti da religione si sono prodotti in circostanze e con motivazioni totalmente estranee ad essa.
Per questo ci rallegriamo che si sia tenuto questo convegno, che ha la vocazione di far conoscere i valori autentici delle religioni e di operare per la loro concretizzazione in favore della pace e della solidarietà, a beneficio dell’umanità intera. Le nostre speranze di vedere riuscita questa iniziativa sono confortate dal peso e dall’alto profilo di questa assise, nella quale si trovano riuniti esperti e responsabili istituzionali di importanza internazionale e personalità di spicco delle diverse istituzioni religiose, così come pensatori e attori chiave del mondo dei media specializzati in queste tematiche.
In questa occasione, noi ci teniamo a salutare gli sforzi che il nostro Ministro del Culto e degli affari islamici ha dispiegato per assicurare la preparazione, l’organizzazione e la tenuta di quest’incontro sotto l’Alto patrocinio della Nostra Maestà, e anche per avere messo in atto tutte le condizioni necessarie al suo successo. Vogliamo ugualmente esprimere i nostri ringraziamenti al Forum per il Consolidamento della Pace nelle Società Islamiche, presieduto da Shaykh Abdullah bin Biya, che ha il sostegno dello Stato degli Emirati Arabi Uniti.
Signore e Signori,
nulla nella storia del Regno del Marocco sembra poter giustificare che le minoranze religiose possano essere private di alcuno dei loro diritti. Noi non accettiamo in alcun modo che una tale negazione dei diritti possa essere commessa in nome dell’Islam o da parte di un musulmano qualunque. Questa convinzione che ci anima procede dal corretto apprendimento dei precetti della religione. Possiamo inoltre attingere anche dal patrimonio della nostra civiltà e dalla storia secolare del nostro Regno, dove i musulmani hanno sempre vissuto in armonia con i fedeli di altre religioni. La nostra prima fonte di riferimento per questi principi, verso cui ci rivolgiamo con devozione è il sacro Corano, che proclama che Dio onora l’uomo in quanto umano. E per rafforzare questo riconoscimento a lui fatto, il Corano ribadisce una verità universale, seguendo la volontà divina, e che si riassume come segue: Dio Onnipotente ha voluto creare popoli diversi fra loro per religioni, così come sono diversi per il loro colore, le loro lingue e i loro gruppi etnici.
Questo è ciò che è stato instillato nei musulmani, la loro disponibilità ad accettare il pluralismo. Il Corano evoca ripetutamente le Genti del Libro, facendo anche obbligo ai musulmani di credere in tutti i Profeti e i Messaggeri, riservando ad essi il rispetto che gli è dovuto. Nello stesso tempo, gli esorta ad astenersi da qualsiasi provocazione nei confronti delle Genti del Libro, con le quali i musulmani sono tenuti a discutere nel miglior modo possibile. Il Corano ordina di trattarle con equità in ogni circostanza, e di bandire l’odio dai rapporti con esse. A questo proposito, l’Islam non autorizza la jihad se non per autodifesa o per la difesa delle cose sacre, se proprio necessario. In nessun caso è ammessa la sua strumentalizzazione per costringere i popoli ad abbracciare l’Islam.
La nostra seconda fonte di riferimento per tali principi è la Sunnah del nostro Patrono, il Profeta – la Pace e la Benedizione di Dio siano su di Lui. In questa Tradizione profetica, che arreca delle applicazioni pratiche che gettano luce sulla comprensione del Corano, il Profeta raccomanda di essere solidali verso ebrei e cristiani. In caso di guerra, egli ha esortato a risparmiare la vita dei monaci e dei fedeli ospiti dei monasteri e dei conventi. La Sunnah regolamenta i rapporti con gli ebrei, pone le basi che regolano i patti e le convenzioni, così come le norme di protezione delle chiese e dei loro fedeli. Riconosce anche il matrimonio con le ebree e le cristiane. La coesistenza pacifica e multiforme dell’Islam con i seguaci delle altre religioni ha avuto un impatto positivo in tutti i settori e le attività, incluse le transazioni commerciali, i mestieri, l’industria e gli scambi culturali. Ciò significa che per l’Islam la pace e la sicurezza sono alla base dei rapporti con le altre religioni.
Dopo il Profeta – la Pace e le Benedizioni di Dio siano su di lui – i Califfi si iscrivono nello stesso percorso di saggezza. Anche la Jiz’ya (il tributo delle Genti del Libro ospiti in territorio islamico), generalmente inferiore rispetto alla zakat (la decima) imposta ai musulmani, non era dovuta da chi non poteva pagare, esentati dal secondo Califfo Omar. Anzi, i più bisognosi tra questi beneficiarono spesso della stessa distribuzione della zakat. Altra iniziativa attribuita al Califfo Omar: la rassicurazione data a ebrei e cristiani di proteggere loro e i loro luoghi di culto e di proprietà, e di astenersi dal costringerli a rinunciare alla loro religione, secondo la parola divina: «non vi è costrizione nella religione». Da ricordare anche, a questo proposito, la sua famosa esclamazione: «A partire da quando rendeste voi schiavi gli uomini, dacché le loro madri li portarono alla luce liberi?».
I musulmani si sono ispirati a queste due fonti, il Corano e la Sunnah, per fondare il sistema della sharia, le cui disposizioni disciplinano l’atteggiamento e il comportamento dei musulmani nei confronti delle altre comunità religiose. È sempre in base a tali disposizioni che le minoranze religiose hanno ampiamente beneficiato in terra d’Islam dei diritti che sono loro stati conferiti e della tutela della loro vita e della loro dignità. Essi hanno beneficiato in particolare del diritto di praticare la religione, con lo svolgimento del loro culto e la possibilità di applicare le disposizioni del loro diritto canonico. Tutto questo è avvenuto sotto il principio stabilito dall’Islam per affermare l’uguaglianza tra musulmani e non musulmani in tema di preservazione dell’inviolabilità della vita e della proprietà.
Questo ideale si è diffuso al di là dei diritti alla sfera delle emozioni, dei sentimenti e della corretta condotta di coportamento nei confronti delle Genti del Libro, nel corso delle malattie e dei funerali, mostrando compassione verso chi è nel bisogno, praticando l’elemosina e il waqf (immobili in manomorta).
Signore e Signori,
Nel corso della sua storia, il Marocco ha sperimentato un modello di civiltà singolare, con la coesistenza e interazione tra musulmani e fedeli di altre religioni, tra cui ebrei e cristiani. Tra i panni luminosi di questa storia di convivenza armoniosa figura la civiltà marocchino-andalusa, originatasi da tale convergenza interreligiosa. In effetti, commerci e arti si sono sviluppati tra queste comunità, che condividevano anche i frutti della saggezza, della filosofia e delle scienze.
Questi scambi divenirono sempre più intensi quando un gran numero di musulmani si trasferì dall’Andalusia in Marocco in condizioni difficili, insieme con gli ebrei che si unirono ai loro compagni di fede presenti nel paese già molto prima dell’avvento dell’Islam. Inoltre, i marocchini musulmani non hanno mai trattato gli ebrei come una minoranza. Meglio ancora, gli ebrei erano presenti come i musulmani in tutte le attività e in tutti i settori della civiltà. Provenienti da tutti gli strati della società, essi diedero il loro contributo alla sua edificazione e rivestirono ruoli e funzioni all’interno dello stesso apparato statale, arricchendolo con l’apporto distintivo della loro cultura. Se non vi fossero stati questo clima di pace e i diritti di cui godevano, non avrebbero potuto offrire il contributo che li riconosciamo, fino ad oggi, alle scienze religiose, grazie alla somma dei loro notevoli sforzi interpretativi, che ha arricchito lo stesso patrimonio ebraico mondiale.
Signore e Signori,
Nella nostra qualità di Amir al-Mu’minin, Emiro dei credenti e protettore della religione e dei suoi seguaci, ci prendiamo cura di conservare i diritti dei musulmani e dei non musulmani, senza alcuna distinzione tra loro. Proteggiamo i loro diritti come religiosi, secondo i principi immutabili di riferimento che abbiamo ricordato. Li proteggiamo inoltre anche come cittadini, in virtù della nostra Costituzione. Non vediamo alcuna distinzione in ciò, date le finalità e gli obiettivi comuni perseguiti. Vogliamo in questo modo proseguire sulla strada tracciata dai nostri gloriosi antenati. A questo proposito, ricordiamo che il nostro trisavolo, Moulay El Hassan, aveva donato un appezzamento di terreno su cui sorge ancora oggi la Chiesa anglicana di Tangeri. Ricordiamo anche che nostro nonno, Sua Maestà il Re Mohammed V, prese sotto la sua protezione ebrei marocchini per proteggerli dalla tirannia del regime di Vichy, alleata dei nazisti, e che nostro Padre, Sua Maestà Re Hassan II, pace all’anima sua, ha preso l’iniziativa di ospitare Papa Giovanni Paolo II in occasione della sua prima visita in un paese musulmano.
Abbiamo perpetuato la stessa tradizione, consentendo ai cristiani, di tutte le comunità e le chiese legalmente residenti in Marocco, di adempiere ai loro doveri religiosi. Ci impegnamo anche affinché i marocchini ebrei abbiano gli stessi diritti che la Costituzione riconosce ai musulmani. Essi aderiscono ai partiti, partecipano alle elezioni, creano associazioni e arrecano contributi meritori all’attività economica. Essi ricoprono anche funzioni di consultazione e diplomatiche per conto della Nostra Maestà e tessono con il resto della società profondi legami affettivi, che i figli della seconda generazione di ebrei emigrati in tutto il mondo conservano tuttora.
Signore e Signori,
il Marocco è un paese pioniere nel dialogo interreligioso. Infatti, già all’indomani dell’indipendenza, nel 1956, si teneva ogni estate, presso il monastero di Tioumililine – situato su una montagna nella regione di Fez e precedentemente occupato da monaci benedettini – un incontro fra intellettuali e pensatori, soprattutto musulmani e cristiani, con la presenza di importanti personalità, come il famoso pensatore cristiano Louis Massignon. Questi sono solo alcuni aspetti della realtà del nostro Paese, del resto, la maggior parte di voi ne ha ben familiarità; non vi è quindi da meravigliarsi che si senta incline a riunirsi nel nostro Paese, con tradizioni secolari di tolleranza e di apertura, per fare una Dichiarazione forte in proposito, e per affrontare molti altri temi non meno importanti per il futuro.
La nostra attuale gestione degli affari religiosi in Marocco mira, tra gli altri obiettivi principali, a opporsi a qualsiasi casualità nella interpretazione dei testi religiosi, soprattutto per quanto riguarda la Jihad, sulla quale i nostri ulama hanno già rilasciato una dichiarazione forte un paio di settimane fa.
Più approfondiamo le crisi che minacciano l’umanità, più ci convinciamo della necessità di una cooperazione urgente e ineludibile tra i seguaci di tutte le religioni. Incentrata sullo stesso credo, tale cooperazione dovrebbe essere basata non solo sulla tolleranza e sul rispetto, ma anche sull’attaccamento ai diritti e alle libertà, che la legge deve garantire e regolare a livello di ciascun Paese. Non si tratta solo di fornire regole di condotta da seguire, ma è importante anche e soprattutto di osservare un comportamento civile, che rifiuta ogni forma di coercizione, di fanatismo e di arroganza.
Il mondo in cui viviamo oggi ha bisogno dei valori della religione, che racchiudono le virtù di cui dobbiamo armarci per essere nella Grazia del nostro Creatore, Dio onnipotente, e per rafforzare la propensione alla tolleranza, all’amore e alla cooperazione, arricchito dal sigillo della carità e della pietà umane. Abbiamo bisogno di questi valori comuni, non solo per essere ispirati dall’ideale della tolleranza, ma anche per attingere alle risorse necessarie per una rinnovata costruzione dell’uomo, e per trovare la forza di sospingerlo verso una vita priva di guerre, passioni e inclinazioni all’estremismo e al risentimento, dove l’umanità vedrebbe finalmente svanire le proprie sofferenze e la crisi come il necessario preludio all’eliminazione dei rischi di uno scontro di religioni. Augurando il pieno successo al vostro incontro, confidiamo che l’essenziale da ritenere della Dichiarazione attesa dalla vostra riunione sia l’idea, pensiamo noi, che la religione non debba essere strumentalizzata per giustificare un qualunque attentato ai diritti delle minoranze religiose nei paesi musulmani.
Wassalamou alaikoum warahmatoullahi wabarakatouh