“La CII firma il protocollo d’intesa con il DAP (Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria) – Ministero di Giustizia” di Mohammed El Harchaoui*

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Un valore democratico e un segnale di fiducia

Non potrei parlare di questo accordo se non come di un atto democratico ed una risposta da parte del Ministero della Giustizia e della CII (Confederazione Islamica Italiana) ad un fabbisogno sociale, culturale che la società multietnica richiede oggi. “L’accordo che ha stipulato il DAP  (Dipartimento Amministrazione Penitenziario) con la CII” – afferma il presidente Mustapha Hajraoui – “consente alla CII, articolata sull’intero territorio nazionale, di poter proporre murshidat e imam in tutti gli istituti penitenziari d’Italia”.

Questa intesa di grande importanza ha un impatto molto positivo sotto vari punti di vista: il primo riguarda la garanzia della libertà religiosa, concessa ai detenuti, in quanto anche i musulmani possono ricevere insegnamenti e assistenza spirituale. Un altro aspetto da non sottovalutare di questo accordo è che può  contribuire all’inserimento del detenuto nella società: sta alla base della la fede e dei valori religiosi curare l’anima e di conseguenza migliorare il comportamento dell’individuo. Un altro aspetto importantissimo è la risoluzione del problema dell’imam improvvisato, i così detti “imam fai da te”, che, pur avendo buone intenzioni, a volte possono provocare danni molto significativi per mancanza di conoscenza approfondita della scienza islamica. La Confederazione Islamica Italiana promuove corsi per gli imam affinché questi ultimi, oltre ad acquisire approfondite conoscenze nelle materie trattate, possano poi essere inviati anche ad osservare e sostenere il contesto sociale e culturale in cui esercitano la loro funzione di imam rispettando la laicità dello stato italiano e il contesto pluralista della società in cui vivono. Questi interventi ufficiali, nel tempo, dovrebbe risolvere quelle divergenze riguardanti l’imam improvvisato .

Questo accordo a mio avviso può contrastare anche il fenomeno dell’integralismo religioso che a volte può trovare nelle carceri un terreno fertile per propagarsi.

<<La procedura – ha spiegato il segretario generale, Abdallah Massimo Cozzolino – prevede nel dettaglio che la CII fornisca alla direzione generale dei detenuti un elenco di nominativi di imam che dovranno ricevere il nulla osta dalla Direzione Centrale degli Affari dei Culti del Ministero dell’Interno. La lista dei nominativi dovrà contenere indicazioni della Moschea ove ogni imam esercita stabilmente l’attività di culto, nonché la scelta della provincia, in numero massimo di 3, nell’ambito della quale gli imam intendano prestare la propria assistenza>>.

È noto a tutti che alcuni detenuti vivono momenti di difficoltà esistenziali, pronti ad aggrapparsi ad ogni cosa, e se all’interno di questi istituti carcerari essi sono vittime di un malintenzionato, quest’ultimo, sfruttando il loro stato emotivo e la loro debolezza, può convincerli a compiere atti di violenza e odio in nome della religione, quella stessa religione che condanna queste veliacchirie.

Concludo dicendo che affidare questo compito molto sensibile e delicato ad un ente confessionale come la CII è un segno di fiducia da parte del DAP, un riconoscimento di serietà nella determinazione di contribuire al miglioramento sociale; e non può essere diversamente in quanto da anni la Confederazione Islamica Italiana si trova impegnata nell’organizzazione e promozione diverse iniziative su tutto il territorio nazionale, per favorire l’integrazione e la “voce essenziale” del pluralismo sociale, culturale e religioso in difesa sia i valori religiosi sia i  valori di cittadinanza.

*Mohammed El Harchaoui, portavoce Centro Culturale Islamico Amici del Valdarno – coordinatore dei giovani della federazione islamica della Toscana e membro dei giovani della confederazione islamica Italiana.